Accordo Integrativo Regionale 2024
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LINEE DI INDIRIZZO PER L’ATTUAZIONE DEL MODELLO ORGANIZZATIVO DELLE CASE DELLA COMUNITÀ HUB
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ACN 2019-2021
Un accordo insoddisfacente per i medici in servizio, che vedono il potere di acquisto della loro retribuzione essere sempre meno performante, e per certi versi penalizzante e di conseguenza poco attrattivo per i medici che entreranno in servizio dopo il 1 gennaio 2025.
Appare infatti evidente che per recuperare i sacrosanti ed insufficienti arretrati creatisi a seguito di anni di vacanza contrattuale, si è ceduto sulla presenza dei medici di famiglia in queste fantomatiche case della comunità senza che ne siano stati precisati i compiti e le responsabilità, con l'aggravante che a sobbarcarsi il fardello saranno solo i nuovi ingressi nella medicina generale, dando così l'impressione che si è barattato il futuro altrui in cambio di quattro denari.
Ci sono, nel nuovo ACN, anche alcuni articoli che non si prestano ad univoca interpretazione e che meritano quanto meno un chiarimento da parte della SISAC.
Ad esempio, nel comma 1 dell'art. 38, è previsto che un medico di AP con convenzione a decorrere dal 1 gennaio 2025, dal conferimento dell'incarico fino a 400 scelte debba svolgere 38 ore di attività settimanale. Un medico con 400 scelte deve però assicurare l'apertura dello studio medico per 5 ore settimanali, quindi se queste 5 ore non sono comprese nelle 38 ore previste si arriverà a 43 ore settimanali, con buona pace delle norme sul diritto al lavoro.
INAIL: dopo il danno anche la beffa
Nella legge di bilancio del 20 dicembre 2018 n. 145 sono stati inseriti alcuni commi che disciplinano il rapporto tra l’INAIL e i medici di medicina generale.
I comma di interesse sono:
- Per l’attività di compilazione e trasmissione per via telematica, da parte dei medici e delle strutture sanitarie competenti del Servizio sanitario nazionale, dei certificati medici di infortunio e malattia professionale di cui all’articolo 53 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, l’INAIL, a decorrere dal 1° gennaio 2019, trasferisce annualmente al Fondo sanitario nazionale l’importo di euro 25.000.000, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato e successiva riassegnazione alla spesa, da ripartire tra le regioni e le province autonome in sede di predisposizione della proposta di riparto della quota indistinta delle risorse relative al fabbisogno standardnazionale. Per gli anni successivi al 2019, tale importo è maggiorato del tasso di inflazione programmato dal Governo.
- Quota parte dei trasferimenti dell’INAIL, di cui al comma 526, determinata con intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in deroga a quanto disposto dal comma 2 dell’articolo 23 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, implementa, per il personale dipendente del Servizio sanitario regionale, direttamente i fondi di ciascuna azienda o ente per la contrattazione decentrata integrativa.
- Quota parte dei trasferimenti dell’INAIL, di cui al comma 526, determinata con intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ha destinazione vincolata al fondo destinato per i rinnovi contrattuali della medicina convenzionata incrementando la quota capitaria riconosciuta per assistito al medico di medicina generale.
- L’importo di cui al comma 526 può essere rivisto ogni due anni sulla base dell’incremento della percentuale del rapporto tra il numero dei certificati compilati e trasmessi telematicamente all’INAIL e gli infortuni e le malattie professionali denunciati nel biennio di riferimento rispetto a quello precedente. Il trasferimento a carico dell’INAIL per effetto degli aggiornamenti periodici legati all’incremento percentuale del rapporto tra il numero dei certificati compilati e trasmessi telematicamente all’INAIL e gli infortuni e le malattie professionali denunciati non può comunque superare l’importo di cui al comma 526 maggiorato del 20 per cento al netto della rivalutazione per il tasso programmato d’inflazione.
- Nessun compenso può essere richiesto agli assistiti per il rilascio dei certificati medici di infortunio o malattia professionale.
- Per i certificati trasmessi fino al 31 dicembre 2018 si applicano gli appositi accordi sottoscritti il 6 settembre e il 24 dicembre 2007 tra l’INAIL e le rappresentanze sindacali di categoria. L’onere del trasferimento di cui al comma 526 a carico del bilancio dell’INAIL è determinato sulla base della spesa media del triennio 2014-2016 per l’attività di certificazione medica come disciplinata dai predetti accordi.
- Nessun ulteriore onere, oltre alla predisposizione dei servizi telematici, è a carico del bilancio dell’INAIL per l’attività di certificazione medica da trasmettere al predetto Istituto.
In sintesi ancora una volta lo Stato impone per legge un compito ai medici di medicina generale saltando la contrattazione tra le parti e dispone d’imperio che dal 1 gennaio 2019 i medici di famiglia non possono più pretendere dagli assistiti il pagamento dei certificati INAIL stabilendo invece come compenso un incremento della quota capitaria derivante dalla suddivisione di quota parte (non è specificata l’entità) di 25 milioni di euro per circa 52 milioni di cittadini (esclusione della popolazione pediatrica), pari, nella migliore delle ipotesi, a meno di 25 centesimi per assistito suddivisi ovviamente per 12 mesi l’anno.
In attesa di vedere nel prossimo ACN questo faraonico incremento della miserevole quota capitaria che attualmente ci viene riconosciuta, subiamo, come categoria, l’ennesima sberla questa volta da parte dell’INAIL che ci comunica le modifiche apportate al suo sistema di ricevimento dei certificati trasmessi dai medici di famiglia i quali, ovviamente a loro spese, dovranno adeguare i software già in uso.
Allora, caro collega, che fai?
Continui a lamentarti, a subire, a porgere l’altra guancia, o finalmente cominci ad urlare forte il tuo dissenso, a manifestare il tuo malessere?
Non sprecare un’occasione preziosa, aderisci con convinzione allo sciopero dei giorni 1 e 2 marzo, contribuisci a mandare un forte segnale alla politica e anche a chi inadeguatamente ti rappresenta ai tavoli della trattativa nazionale e regionale.
SIMET e SMI proclamano lo sciopero della Medicina Generale i giorni 1 e 2 marzo: se non ora quando?
Il 15 febbraio il SIMET, insieme allo SMI, ha proclamato per i giorni 1 e 2 marzo 2022 lo sciopero dei medici della medicina generale.
Questo sciopero però non deve essere patrimonio delle sole sigle sindacali che lo hanno proclamato ma deve diventare l’urlo di un’intera categoria ad una classe politica miope e sorda ed un severo richiamo a quelle organizzazioni sindacali che, ormai distanti dalla sofferenza quotidiana dei loro stessi iscritti, continuano imperterriti nel loro asservimento ai desiderata dei politici nazionali e regionali danneggiando tutti con la sottoscrizione di accordi penalizzanti dal punto di vista economico e che mortificano la nostra professione.
Qualcuno, in evidente affanno e terrorizzato dalla riuscita dello sciopero, sollecita interventi governativi tesi ad impedirci di manifestare il nostro malessere e obietta che in questo periodo la nostra iniziativa non è opportuna.
Ma a costoro noi chiediamo: è opportuno durante una pandemia che impone carichi di lavoro estenuanti continuare ad imporci senza nessuna contrattazione nuovi incombenze burocratiche? E’ tollerabile che l’assessore al Welfare di Regione Lombardia ci additi all’opinione pubblica come fannulloni che lavorano 3 ore al giorno? E’ accettabile che la nostra remunerazione sia ferma in molte componenti salariali al 2005? Possiamo noi digerire che sia stato sottoscritto un nuovo ACN che non prevede nessun incremento economico e che compiti prima remunerati (ad es. compilazione del PAI) adesso devono essere assolti da tutti gratuitamente perché diventati “compiti del medico”? E l’incremento della quota capitaria promesso anni fa in cambio della certificazione INAIL che fine ha fatto? E potremmo continuare con un’infinita serie di domande.
Ma soprattutto: potevamo noi rimanere passivi di fronte al comportamento vergognoso dei senatori della nostra repubblica che mentre, meritoriamente, trovano i soldi per i rifugi che salvano gli animali selvatici non riescono a trovare adeguati fondi per il sostegno economico alle famiglie di quei colleghi che lasciati da soli, senza mezzi di protezione individuali, hanno perso la vita per cercare di aiutare i cittadini infettati dal Sars-Cov-2?
Il 18 febbraio u.s. il CdM, a seguito dell’indignazione di medici e cittadini, ha stanziato 15 milioni di Euro per 370 famiglie di medici e operatori sanitari che non avevano la copertura INAIL deceduti a causa del Covid 19: a conti fatti un’elemosina, in media circa 40.000 € a famiglia, una cifra pari nemmeno alla metà di quanto proposto dalla senatrice Cantù.
Questi operatori sanitari hanno contratto la malattia e sono deceduti perché hanno avuto per mesi mezzi di protezione inadeguati, basti pensare che l’utilizzo delle mascherine chirurgiche è stato ritenuto idoneo per mesi mentre ben sappiamo che forniscono un livello di protezione assolutamente insufficiente.
Ma se un medico nell’esercizio delle sue funzione causa in maniera colposa il decesso di un cittadino, il risarcimento del danno arrecato sarà di 40.000 €? Siamo tutti così sprovveduti da pagare premi assicurativi sempre più alti per risarcire un danno di tale entità?
A quelli che ritengono questa elemosina una vittoria del “dialogo serio e non urlato”, che nemmeno si rendono conto che con certe affermazioni oltraggiano la memoria di queste perso e offendono la dignità dei loro familiari, noi li invitiamo con forza per decenza a tacere.
A tutti coloro che affermano di condividere le ragioni della nostra protesta ma ipocritamente cercano di demonizzarla ed impedirla, ma innanzitutto a tutti i medici di medicina generale, che giustamente rivendicano il diritto di tornare a fare i medici e rifiutano il ruolo di burocrati incollati alle sedie davanti ad uno schermo, noi chiediamo: se non ora quando?