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Categoria: Notizie
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Con la delibera regionale del “GOVERNO DELLA DOMANDA” nella quale si consente la presa in carico di pazienti cronici e fragili ad “erogatori” privati, si compie in Lombardia un ulteriore passo verso lo smantellamento del Sistema Sanitario Regionale pubblico.

Nel contesto di questo cambiamento epocale, favorito dal comportamento complice del Governo presieduto all’epoca dei fatti da Matteo Renzi che non solo non si oppose alla legge 23/2015 ma le conferì anche la patente di “sperimentale”, si registra l’ulteriore perdita di ruolo del medico di Medicina Generale, da tempo considerato dai governanti regionali come figura non più al centro del progetto di salute dei cittadini ma marginale e forse persino dannosa.

La perdita di ruolo del medico di famiglia è iniziata nel 1999 con la sottoscrizione, da parte di FIMMG e SNAMI, di un accordo integrativo regionale che prevedeva l’equiparazione tra rapporto ottimale e massimale. Anziché promuovere politiche sindacali finalizzate ad ottenere un incremento dei fondi destinati alla Medicina Generale, si scelse di incrementare le retribuzioni diminuendo il numero dei medici sul territorio. La politica “dell’assistito garantito”, terminata nel 2007 grazie ad un ricorso al TAR che decretò l’illegittimità dell’accordo, ha prodotto diversi danni, tra cui l’incremento dell’età media conseguente al mancato ingresso nella medicina di famiglia di un notevole numero di medici giovani. Oggi la carenza dei medici di famiglia prevista nei prossimi anni “preoccupa” quegli stessi sindacati artefici, insieme a Regione Lombardia, del problema.

Negli anni successivi sempre SNAMI e FIMMG si resero protagonisti di una battaglia tesa ad obbligare le strutture pubbliche e private accreditate ad utilizzare i ricettari del SSR per la prescrizione di esami e non solo. Se da una parte è vero che in tale modo si rendeva possibile individuare i responsabili della spesa sanitaria, dall’altra è innegabile che nello stesso tempo la medicina generale ha abdicato al ruolo di governo della domanda, che oggi viene assegnato a soggetti terzi.

Infine il CREG. Il progetto sin dalla sua nascita nei documenti di Regione Lombardia non nascondeva le insidie ed il disprezzo per la Medicina Generale che veniva ritenuta inadeguata alla presa in carico per i pazienti cronici. Nonostante l’avversione dichiarata di tutti i restanti sindacati, la FIMMG decise di sostenere l’iniziativa aprendo di fatto la strada alla tariffazione a budget delle patologie croniche che costituisce l’architrave sui cui si basa la legge 23/2015.

Quindici anni in cui la Medicina Generale in Lombardia è diventata marginale nei processi di governo di salute dei cittadini e in cui i medici di famiglia si sono progressivamente impoveriti, fino a diventare tra i peggio pagati d’Italia.

FIMMG e SNAMI insieme superano l’80% delle deleghe sindacali, e quanto più grandi sono i numeri tanto più grandi sono le responsabilità delle scelte che hanno portato all’attuale situazione.

Ma come può in questo scenario a tinte fosche il medico di famiglia recuperare il suo ruolo senza essere costretto ad aderire a cooperative di dimensioni sempre più ampie quali quelle che necessitano per concorrere con i colossi privati della sanità lombarda?

Il recupero della nostra professionalità e del nostro ruolo passa attraverso il sostegno ad un erogatore pubblico di servizi, l’ASST.

Il medico di famiglia deve poter gestire la cronicità dei suoi assistiti compilando i PAI e collaborando attivamente con l’ASST che eroga i servizi previsti nel piano di cure, anche attraverso la creazione di una piattaforma informatica aziendale in cui i vari attori del sistema possono interagire, anche se in modo virtuale, 24 ore su 24.

Questa è la sfida futura alla quale la Medicina Generale in Lombardia non può in alcun modo sottrarsi se vuole recuperare la dignità che le compete.

Antonio Sabato

Giancarlo Testaquatra